11 Novembre 2008
Sierpe / Corcovado
Sveglia alle sei e dopo
il solito controllo zaino, alle sette e dieci siamo già sul bus per Sierpe,
dove dopo l’ imbarco andremo a vedere il Parco del Corcovado. Il nome
dell’autista è Antonio e quello di suo figlio Marcelo, e il viaggio in loro
compagnia è stato divertente, infatti, ha chiacchierato tutto il tempo. Unico
episodio meno divertente è stato la mia testata nella portiera del bus.
Infatti, alla partenza, ho chiesto se ci si poteva fermare a Quepos per un
caffè. Scendo a prendere il caffè “ ustionante” per tutti, ma
mentre risalivo a bordo, ho “ inforcato” la porta del bus come un ariete e non
abbassando sufficientemente la testa, ho tirato una capata galattica sulla
guarnizione della porta laterale. Tutti si sono preoccupati e a me veniva da
piangere.
Mi sono trattenuta a
stento dall’imprecare e Antonio visibilmente preoccupato, accenna un sorriso e si beve il suo bicchierone di caffè.
Mi siedo, poso quel
cavolo di caffè bollente e provo a dire “ tutto ok”!
Dopo cinque minuti mi è
spuntato un bernoccolo enorme e dolorante.
Ogni tanto Antonio
guardava dallo specchietto retrovisore per vedere se ero ancora viva e dopo una
mezz’oretta scherzavamo tutti insieme sulla mia testata.
Mamma mia che male
però…
Lasciamo
l’interamericana e prendiamo la strada più disastrata che abbia mai visto!
Carettera Domenical, il bus sobbalza come una barca e sulla strada incontriamo parecchi camion enormi
e macchine scassate che facevano gli slalom tra grosse buche e crateri.
Dopo tre ore di
viaggio, finalmente sono a Sierpe.
Raggiungiamo il molo e
dopo un po’ riusciamo finalmente a parlare con il capitano Alex.
Che tipo stravagante!
Ci dice di aspettare, e noi allora ne approfittiamo per mettere qualcosa sotto
i denti. Sandwich al pollo e succo d’arancia. Il locale è poco affollato, le
pareti sono in legno, ai muri, trofei di pesci e quadri a tema marinaresco. Al
suo interno una parte dedicata ai numerosi souvenir e al fondo bagni puliti e
ordinati.
E’ un’ora e mezza che
ormai aspettiamo e inizio un po’ a scocciarmi, sul molo degli uomini stanno
caricando delle casse sulle barche ma ancora nulla.
Provo a chiedere quando si parte…alle 11,30 hanno risposto. Sono le 10,40.
Pura vida!
Finalmente spunta Alex
che ci fa segno di scendere e alle 11,20 si parte.
L’imbarcazione è simile
a quella utilizzata al Tortuguero e iniziamo così a risalire il rio in
direzione della baia di Drake. La guida è molto sportiva e il nostro capitano
Alex sembra un trafficante di droga, un misto tra Maradona e Mario Merola.
Occhiali da sole scuri
a specchio, collana d’oro massiccia su petto villoso e cronografo su
polsino…spettacolo!
Durante il tragitto,
Alex riduce la velocità e s’infila in un sentiero fatto di mangrovie, tutto
intorno alle grosse radici che finisce sott’acqua e il nostro capitano mi
racconta che il luogo che stavamo navigando era il posto dove il pirata Barbanera
aveva nascosto il suo famoso e introvabile tesoro.
Che emozione ragazzi,
in acqua anche qualche alligatore e ovviamente iguane.
Raggiungiamo la foce
dell’oceano Pacifico, la barca inizia a
saltare sulle forti correnti e s’inizia a cavalcare le onde. Sembra di essere a
un rodeo, dove il toro impazzito è l’oceano e la sella il mio sedile.
Insomma, dopo un’ora di
safari e rodeo, arriviamo alla Baia di Drake.
Non siamo i primi a scendere,
ma gli ultimi.
Questo perché il nostro
Lodge è quello economico e si trova un po’ più spostato dalla baia. Saluto
Alex, puravida e gracias de todos.
Sulla spiaggia ci
aspetta un ragazzo di nome Armando, che gentilmente si offre di portarmi lo zaino.
Il nostro Lodge si
chiama Mirador e una volta vista l’ imponente salita che mi aspettava, capisco
subito perché.
Se lo zaino non me lo
portava “S. Armando”, credo che sarei morta a metà strada.
Una volta arrivati in
cima, ci accolgono i ragazzi della struttura.
Michael è il gestore,
Hugo il cameriere e Mariana la cuoca.
Dopo un paio di
domande, ci accompagnano alla nostra stanza.
La fatica impiegata per
raggiungere il posto, è ampiamente ripagata dalla vista che c’è quassù!
Dai balconi tra la
vegetazione, si riesce a vedere la baia e l’oceano, tra il canto dei grilli e
il passeggiare delle scimmie, sembra di essere in un documentario. Non c’è la
corrente elettrica, tranne che nell’area, dove ci sono i tavoli della mensa. La
stanza è arredata in modo spartano e il bagno è piccolo ma pulito. La doccia?
Fredda, ma ormai mi sto temprando.
Siccome non c’è la
corrente, l'unica luce è quella a lume di candela e quest'ultime sono adagiate in
porta candele di bambù.
I numeri delle porte sono fatti con le conchiglie e la zona della mensa si affaccia sul meraviglioso panorama. E’ un posto che mi dona pace e serenità, un ritorno alla natura, una convivenza primordiale tra uomo e natura.
Dopo questa breve
visita, posiamo gli zaini in stanza, costume e via verso la spiaggia selvaggia.
Mi viene un po’ male
scendendo, al pensiero della risalita del ritorno, ma la curiosità è troppo
forte.
La spiaggia è enorme e
più selvatica di quella del Tortuguero, la sabbia e scura e sulla riva si
possono trovare moltissimi detriti portati dalle onde.
Alle mie spalle c'è una
foresta piena di palme da cocco, mangrovie e alberi imponenti.
Il mare è impetuoso e
forse non è il caso di fare il bagno, anche perché l’acqua è torbida e piena di
detriti come pezzetti di legno, alghe etc. etc.
La corrente è molto
forte e visto che non sono proprio un’esperta nuotatrice, è meglio che non mi
tuffo. Poco male, la spiaggia è ricca di cose da vedere come paguri, semi di
piante a me sconosciute, e materiale ideale per farmi, magari un braccialetto
portafortuna.
Siccome ferma, non ci
riesco a stare, vado in cerca qua e la di piccole conchiglie e materiale
naturale. Dopo non poca fatica, riesco a farmi un braccialetto con una
conchiglia utilizzando come cordino, la fibra delle noci di cocco.
Non chiedetemi come ci
sono riuscita, è magia!
Che bello, sono molto
soddisfatta del risultato, sarà il mio portafortuna finché vorrà.
Sono consapevole che è
vietato raccogliere materiale sulle spiagge protette, ma ne ho utilizzato
davvero poco e prometto di lasciarlo qui quando ripartirò.
Provo a prendere un po’
di sole, ma perdo subito la pazienza e allora , ci incamminiamo in una
lunga passeggiata da un capo all’altro della spiaggia.
Ci sono molto cani
selvatici in giro e bisogna fare attenzione in caso di branchi numerosi.
Neanche finisco di
pensarlo che un gruppetto ne attacca uno che passeggiava insieme con noi.
Mamma mia che spavento,
ho pensato che gli avrebbero del fatto male, ma alla fine tutto si è risolto
con morsicature e tanto spavento anche per il cane solitario.
Al confine tra la
foresta e la spiaggia, ho visto delle piccole strutture domestiche, qualcuna
adibita a piccolo negozio alimentare,
altre credo come vere abitazioni.
La baia non è molto
abitata, in compenso ci sono altri lodge turistici come il nostro,. Solo che il
nostro è il più bello e il più in alto di tutti.
Dopo la mega
passeggiata sulla spiaggia, si torna indietro per affrontare la salita che
porta alla nostra stanza. Eccola, è ripidissima e a tratti fangosa ma so che ce
la posso fare.
Infatti, come se niente
fosse, mi ritrovo già in cima e non ci credo. Qui ti viene una forza sovraumana!
Sarà la natura, l’aria del mare o semplicemente il tempo che rallenta e il tuo
cuore che batte all’unisono con la natura. Non lo so, qui tutto ti trasforma,
tutto ti stupisce, tutto ti emoziona.
Bisogna fare la doccia
in fretta per due motivi. Uno perché l'acqua è ghiacciata, due perché le scorte
sono limitate. In fondo la natura si rispetta anche così e poi in fondo in
fondo non è un grosso sacrificio.
E’ l’ora di cena. Siamo
tutti seduti in un grande tavolo. Sedute insieme con noi ci sono due ragazze
francesi non tanto socievoli, un americano timido e introverso e una coppia di
fidanzati molto “caratteristica”.
Sono rispettivamente un
costaricense Javier e una ragazza svizzera Katerina.
Davvero molto
simpatici, teneri e affettuosi e lui davvero una comica. Doveva esserci anche
una coppia d’italiani Simone e Ilaria, ma sono andati a fare il night tour e
non siamo riusciti a conoscerli. Magari domani chissà.
Finisco la cena senza
caffè e poi Michael, da due dritte per la nostra escursione di domani al Parque
del Corcovado. Allora, la colazione è alle sei, l’imbarco alle sette e ci
raccomanda di indossare scarponcini, pantaloni lunghi, cappello, kway, occhiali
e tanto repellente per i Mosquitos. Javier non stava mai zitto e credo che ci
abbiano raccontato più leggende che cose vere…comunque domani ci sono anche lui
e Katerina e mi sa che ci sarà da ridere.
Salutiamo i pochi
rimasti a tavola e andiamo a dormire, domani sarà un’altra giornata
impegnativa.
Mi fermo qualche minuto
fuori dalla stanza e mi siedo sulle panche del dehor con una candela accesa.
Devo aggiornare un po’ il mio diario di viaggio, altrimenti poi mi viene sonno
e addio nomi.
Torno in stanza ma poco
dopo aver preso sonno, un rumore fortissimo ci fa saltare sul letto!!
Mi sveglio
di botto e mi affaccio alla zanzariera.
Un attimo per
riprendere fiato e conoscenza e subito capisco che quel rumore forte era stato
provocato da un cocco caduto sulla tettoia di plastica un paio di stanze dopo
la nostra.
Mamma mia
che infarto! Di sicuro c’era lo zampino di una scimmia, poiché dopo il botto,
qualcosa scappava tra le foglie della palma.Prendere nuovamente sonno non è stato facile, ma crollo comunque pensando alla splendida giornata di domani.
Notte notte...
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