6 novembre 2008

06 Novembre 2008

06 Novembre 2008          

Tortuguero




Sei del mattino giù dal letto bagagli pronti e colazione con pane tostato, burro, marmellata e succo d’ananas.
Poiché patisco l’auto, non esagero con il mangiare per non rovinarmi la gita. 
Saluto lo staff del "vesuvio" e scatto una foto ricordo con Victor, prima di salire sul mini bus direzione avventura!!
Il bus ha già a bordo altri turisti di nazionalità tedesca, inglese un cinese e altre quattro persone penso messicane. L'aria condizionata è al massimo e il nostro autista si chiama Alex, che per mia fortuna, guida benissimo nonostante la strada molto impegnativa.Ci troviamo infatti sulla famosa INTERAMERICANA, famosa strada che percorre l'intero continente americano da nord a sud. 
E' una strada larghissima dove puoi trovare di tutto. Macchine vecchie, numerosi pick-upe moto datate. Quello che più mi ha sconvolto sono i mega tir (truck)  che sfrecciano avanti e indietro e sono enormi proprio come quelli che si vedono in tv nei film americani. Hanno svariati colori e in accelerazione fanno un rombo pazzesco e i loro clacson sono simili a quello delle navi.

Durante il tragitto, appena fuori dalla città, il paesaggio è costituito unicamente di foresta, un’immensa distesa verde e la nostra guida che si chiama Laura è un peperino con  parlata veloce, sguardo vispo, corporatura minuta, apparecchio per i denti e i capelli corti.
Sembra una tipa tosta, capisco la metà di quello che dice ma ha un sorriso disarmante.
Dopo poco più di un’ora di viaggio, ci fermiamo a fare colazione in un locale caratteristico ai bordi dell’interamericana.
Si chiama Ranchos Robertos, una struttura di legno con il soffitto fatto con travi intrecciate. Davvero molto particolare e al suo interno è facile incontrare camionisti in pausa colazione o pranzo.


Nei locali si respira un’aria di perfetto equilibrio tra lavoro e vacanza. Ci sediamo ai tavoli e iniziamo  la nostra colazione composta da riso, fagioli e verdure (casado), accompagnato da uova strapazzate, pane tostato, frullato di frutta fresca(mango. Ananas,Papaia e banane) accompagnata dal solito caffè lungo che prima o poi mi abituerò a bere. 










































Esco per scattare un paio di foto e lì incontro Alex che mi confessa una strana usanza prima delle escursioni. Mi chiede di seguirlo ed io obbedisco. Siamo davanti a dei cespugli dove dice abitarci una ranocchia piccolissima e se riuscivamo a vederla avrebbe benedetto la nostra escursione portandoci molta fortuna.
Non so se è una vera leggenda ma sto al gioco e cerco con lo sguardo qualcosa che può assomigliarle.
Oddio l'ho vista davvero? E' davvero piccolissima! Una ranocchia della grandezza di un pollice è li beata tra le foglie perfettamente mimetizzata! 
Sono così felice e meravigliata che mi scappa un grido gioia e si girano tutti a guardarmi.
E’ una delle tante specie di ranocchie autoctone del Costa Rica e si dice che alcune siano velenose. Hanno colori sgargianti che avvertono della loro pericolosità.
Questa comunque è verde e graziosa e già solo per il fatto di averla vista tra la vegetazione mi fa sentire fortunatissima.

















Ripartiamo quasi subito e dopo poco tempo ci  infiliamo in una stradina ciottolosa, piena di buche che conduce davanti ad un cartello con scritto parco naturale o oasi qualcosa..
Scendiamo dal bus e paghiamo un dollaro a testa ad un uomo sorridente cihe ci conduce all'interno.A turno ci fa vedere una ranocchietta rossa e blu e un’altra ancora dormiente di colore  verde acceso (quella tipica che si vede su tutte le cartoline) rannicchiata dietro una foglia di palma dello stesso suo colore. Quella rossa e blu è velenosa, ci dicono di non toccarla ma è talmente piccola che se non fai attenzione la schiacci! Neanche finiscono di dirlo ed io l’avevo già sul braccio!



Niente panico, anzi gli scatto una foto mentre fugge tra le foglie.
Vado in bagno prima di partire e lì insieme con me c’era un pipistrello appeso a testa in giù nel muro, lo saluto, no foto ed esco per fare entrare una signora che aspettava il suo turno.
Mentre mi allontanavo, si sente un grido e lì capisco che forse alla signora non piacciono i pipistrelli!








































Si risale sul bus con destinazione la piantagione di banane del famoso Sig. Del Monte...chi non se lo ricorda?????
Durante il viaggio costeggiamo le abitazioni degli operai della piantagione.
Direi davvero precarie e povere e subito la tristezza mi avvolge al pensiero di come sia possibile che ancora oggi ci sono persone che vivono e lavorano in queste condizioni. Man mano che ci si avvicina all’ingresso, si vedono quelle dei responsabili e a prima vista sembrano certamente più solide e confortevoli...chissà perché.
Centinaia di piante di banane, il giallo e verde del panorama è rotto qua e la dall’azzurro dei sacchi che avvolgono i caschi di banane.
Alla mia sinistra, un capannone con sotto donne e uomini che lavorano in una specie di catena di montaggio. I frutti arrivano tramite dei grandi sacchi trasportati da delle funivie che scorrono tra i filari di banane e una volta scaricate, vengono immerse all'interno di grandi vasche piene di acqua e lavate. una volta pulite, vengono selezionate in base a peso misura e maturazione e subito dopo incassettate.
Lavorano sodo e  un po’ dispiace fotografarli mentre lavorano e allora chiedo se possono fare una foto con me al bordo vasca. 


Scambio due parole con un capoturno, e mi spiega che oltre ad essere un lavoro duro e pesante è anche poco retribuito. Insomma tante ore e pochi soldi, ma lavorano e sorridono felici della vita, anche se faticosa e precaria.
 Nessuno ti nega un sorriso, nei loro occhi c’è una luce magica e sorridere ti viene spontaneo . Una bella sensazione, forse la PURA VIDA, o forse il sole del Costarica ti scalda il cuore.







Dopo aver ascoltato la nostra guida che ci spiega il processo vitale dei banani, raggiungo un uomo anziano intento a vendere noci di cocco da bere.
Aveva con sé un enorme scarabeo.


Si riparte senza sosta alla volta del nostro imbarco per il Tortuguero e una volta arrivati a Caio Blanco, saliamo su di un’imbarcazione bianca e blu con lo scafo sottile e i sedili tipo bus. Il nostro autista Manuel ci sorride e accende i motori, sarà suo compito trasportarci fino al parco nazionale. 
Navighiamo per oltre un’ora sul Rio Reventation, Rio California, Agua Negra per giungere alla Laguna del Tortuguero. 



Durante tutta la navigazione, Manuel ci ha fatto vedere caimani, tartarughe, cormorani, aironi e tantissime iguane. Quest’ultime perfettamente mimetizzate tra la vegetazione ci ha raccontato che ne esiste una specie verde e piccola che si chiama Iguana Gesù Cristo. Il suo nome deriva dal fatto che se minacciata scappa “correndo” letteralmente sull’acqua.Ho avuto la fortuna  di vederla e sono rimasta affascinata dalla sua colorazione verde brillante. Incredibile.





Dopo aver navigato tra mangrovie e isolotti affollati da uccelli, arriviamo al Monkey Lodge. Sul volantino dell’agenzia c’era scritto “sistemazione economica”, ma secondo me è il posto più bello e fantastico che io abbia mai visto. Al nostro arrivo, ad attenderci c’era lo staff al completo e ci hanno dato un cocktail di benvenuto a base di frutta fresca frullata! Il capo villaggio di origine giamaicana ci spiega le regole del posto e come saranno organizzate escursioni e pasti.
Tutto intorno, capanne di legno con bagno privato e dondoli sulle verande. Un piccolo villaggio immerso nella foresta. La stanza è grande e il bagno è molto minimale ma confortevole. Nessun problema, il letto è grande e la stanza è pulita. Dobbiamo sbrigarci, tra mezzora, ci riuniremo perché ci porteranno a visitare la spiaggia dove  nidificano le tartarughe.
Il Monkey Lodge è circondato da giardini e  sentieri ben curati e sulla mia testa, una fitta vegetazione dove ho avuto il privilegio di fotografare un tucano e addirittura la mia prima scimmia cappuccino.
Sono stordita da tanta bellezza, mi sembra di essere dentro un documentario della National Geographic.
 Si parte alla volta della spiaggia e durante il tragitto, ho potuto osservare dove l’oceano incontra le acque del Rio…uno spettacolo così intenso e meraviglioso da non riuscire a descriverlo!
L’oceano è imponente, davanti solo lui e alle spalle la foresta! Scendiamo dall’imbarcazione e si sta alzando il un po di vento. 
Ci inoltriamo a piedi verso un piccolo sentiero che s’infila dentro la foresta. Dopo un quarto d’ora di camminata scorgo la spiaggia e sento il suono dell’oceano. Qui c’è da rimanere senza fiato. In fila indiana passeggiamo sulla sabbia finissima e alla nostra destra, al margine della foresta s’iniziano a scorgere i primi nidi di tartaruga.
Sono buche poco profonde ma dal diametro importante e al loro interno si possono vedere piccoli pezzetti guscio bianco. 
Non ci credo, quello che di solito si vede in tv, adesso è davanti ai miei occhi. Si vedono i segni sulla sabbia del passaggio delle tartarughe e poco più in là ne trovo una piccina che purtroppo non era sopravvissuta. Quante sensazioni tutte insieme!
La guida spiega come le tartarughe arrivano sfinite sulla spiaggia per deporre le loro uova e di quanto  alta sia la mortalità delle future tartarughine appena nate.
Una volta uscite dal guscio, infatti, per loro è una durissima lotta per la sopravvivenza.
Dalla spiaggia al mare, incontrano mille pericoli.
In primis dei grandi uccelli neri (che ho avuto modo di osservare e fotografare), poi tutti i predatori terrestri (compresi l’uomo) e infine una volta in acqua, il pericolo non è finito perché devono fare i conti con pesci affamati, uccelli e le forti correnti dell’oceano.
Povere tartarughine. Durante la passeggiata sulla spiaggia, ho avuto la fortuna di vederne una sola soletta che si precipitava verso l’acqua e a quello spettacolo vivente, non sono riuscita a trattenere le lacrime.
Sulla sabbia c’erano innumerevoli orme di tartaruga, di paguri, orme umane, di cane e di uccelli vari. Una cosa mi ha colpito molto, un cadavere in decomposizione di un animale che non riesco a riconoscere e poco più distante qualcosa di colore bianco che affiora dalla sabbia.
Mi avvicino e scopro che era uno scheletro di un delfino e tutto intorno tronchi di alberi perfettamente modellati dal mare completavano una sceneggiatura da film. L’acqua dell’oceano è di un blu intenso ed il cielo con le sue nuvole, fanno da contrasto per foto da  cartolina.


Ascoltando Laura, comprendo l'importanza del fatto che qui  nulla deve essere toccato, modificato e alterato dall'uomo,nessun animale deve essere nutrito o aiutato e anche se potrebbe sembrare crudele  la natura qui non deve subire nessun tipo di interferenza ed è di vitale importanza che il ciclo della vita debba  seguire il suo corso.
E' giunta l'ora di lasciare la spiaggia e siccome abbiamo la possibilità di visitare il paesino vicino al parco, ne approfittiamo per vedere come vivono le persone che popolano questi posti così lontani dalle comodità cittadine. 
Qui infatti il tempo sembra essersi fermato e gli  abitanti di questo piccolo villaggio sono tutti sorridenti, i bambini sono giocano per la strada  con fratellini e cani e tutti insiemi partecipano a qualcosa che assomiglia ad una specie di festa del villaggio. E’ molto piccola e si possono gustare dei mini spiedini di carne, ma mi accontento di una bibita fresca e mi siedo a godermi un magnifico tramonto sul Rio.


Fa molto caldo e l’umidità è altissima ma mi sento bene e in totale armonia con la natura che mi circonda.
Torniamo al Lodge e dopo una veloce doccia fredda (qui non esiste acqua calda ovviamente) ,cena buonissima a base di pesce e pollo , l'immancabile frutta , caffè (che stavolta non bevo) e una fetta di dolce, si torna nelle nostre stanze per la notte.

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